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Aaron Swartz, un'altra vittima di una giustizia "giusta"

La tragica morte del programmatore di computer Aaron Swartz, una mente, un talento, suicida lo scorso 11 gennaio nella sua casa di Brooklyn, non può non far riflettere sul significato di giustizia, e su cosa debba essere considerato 'giustizia giusta'. Aaron, uno strenuo difensore dei diritti e della libertà della Rete, un paladino di una condivisione della conoscenza del Web che dovrebbe portare verso una crescita dell'innovazione tecnologica e del progresso umano, muore schiacciato sotto il peso della paura di una pesante condanna: fino a 35 anni di carcere e fino a un milione di dollari di multa, per aver scaricato circa quattro milioni di articoli accademici dal sito della libreria digitale JSTOR. Insomma, non ci si può non interrogare su fino a che punto sia giusto che zelanti legislatori e giudici tutelino il rispetto del copyright, e gli interessi delle lobby industriali, con tanto accanimento, e carenza d'ispirazione a criteri di maggior proporzionalità delle pene, su una persona che avrebbe commesso il fatto, non per trarre un profitto personale, ma per rendere quegli articoli accademici disponibili e utili a un grande pubblico.


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